Il paradosso della sperimentazione animale

Prima del paradosso: il principio più saldo

Per parlare di ciò che viene qui chiamato “il paradosso della sperimentazione animale” si deve fare un passo indietro. Qual’è il principio che ogni verità deve rispettare? Aristotele lo chiama bebaiotate arché. La trazione latina lo traduce come principium firmissimum, “il principio più saldo”, e che è più generalmente noto come “principio di non contraddizione”. Secondo questo principio non si può contemporaneamente affermare e negare una stessa proposizione. Non può essere contemporaneamente vero che “piove” e che “non piove”. Certo lo si può dire in momenti diversi: “ora piove”, “domani non pioverà”. E si può anche dire che, in questo stesso momento, “piove e non piove”: perché magari “piove a Berlino” e “non piove a Venezia”. Ma certo quando qualcuno dice “piove e non piove”così, senza tanti indugi, vogliamo perlomeno qualche chiarimento.

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Verso il paradosso: domande

Immaginiamo allora di porre a uno sperimentatore il seguente quesito: se la sperimentazione sugli animali sia davvero utile per prevedere, per esempio, i possibili effetti dannosi di un farmaco sull’uomo. E supponiamo che la sua risposta sia positiva. Per nessun’altra ragione, infatti, sottoporrebbe gli animali a quelle crudeltà. Gli chiediamo allora se per caso l’efficacia predittiva del modello animale non derivi dal fatto che l’animale sia simile all’uomo in quegli aspetti che ci si propone di studiare tramite l’esperimento. Non può negarlo. Il che ci porta alla terza e decisiva domanda: “E lei non crede sia moralmente sbagliato provocare sofferenza a un proprio simile?”

Evitare la contraddizione: precisazioni

A questo punto lo sperimentatore è costretto a sostenere che gli animali sono diversi dall’uomo. A proporre una qualche gerarchia degli esseri. Ma dobbiamo fargli notare di aver appena affermato il contrario: che animale e uomo sono simili e che per questa ragione egli si mette a studiare gli effetti di una sostanza sull’uomo attraverso lo studio degli effetti sull’animale. C’è una contraddizione. Qualcosa sfugge. Chiediamo un chiarimento. Egli finisce per informarci che gli animali sono simili all’uomo “sotto l’aspetto biologico” e sono invece diversi “sotto l’aspetto morale”.

Il paradosso della sperimentazione animale

Rimaniamo delusi. Ci sembra che lo sperimentatore con questa precisazione rinneghi una verità che l’“innocenza” del suo procedere scientifico ha mostrato fin troppo bene. Una contraddizione che apre l’esito dei suoi esperimenti al più scottante paradosso. Più infatti la sperimentazione sarà efficace, più il soggetto sarà da considerarsi biologicamente simile all’uomo. Più essa sarà utile e più la cavia sarà, dal punto di vista scientifico, assimilabile a un essere umano. Partendo da un’ottica strettamente tecnica, la sperimentazione condotta sugli animali sarà tanto più efficace quanto più dovrà considerarsi riprovevole dal punto di vista morale.

Salvare la sperimentazione: dispositivi antropocentrici

Ma il nostro amico deve tenersi stretto il suo posto di lavoro. Come biasimarlo? Persevera nella convinzione che l’uomo sia stato creato a immagine e somiglianza del creatore. E che contenga in sé un frammento di divinità che lo rende incommensurabilmente più importante rispetto alle altre creature. Da fondo a tutto un bagaglio culturale di dispositivi antropocentrici utili a creare un abisso sul piano morale. Un abisso che il corpo dell’animale, sofferente sotto i suoi ferri, smentisce clamorosamente.

Verità e sorpresa

Non è una novità. Spesso la verità è al servizio del potere o della paura o dell’utilità o di qualsiasi altro interesse “umano, troppo umano”! Forse è sempre così. Forse non c’è scampo. Ma forse è anche possibile pensare a una verità che non sia umile schiava delle volontà di potenza. E che può brillare nella sorpresa, quando non la si era prevista né progettata. Quando arriva senza che la si cerchi, mentre magari si cerca qualcos’altro. Magari quando, a caccia dell’ennesimo elisir di lunga vita, in preda all’ennesimo delirio di onnipotenza, ci si imbatte nell’imprevista ed enigmatica appartenenza di tutti i viventi a un’unica grande famiglia.

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